L’intelligenza artificiale può scrivere storie davvero interessanti?
Hanno risposto niente di meno che i Marvel Studios con l’episodio finale di She-Hulk. E la risposta è no, un’intelligenza artificiale può scrivere storie all’infinito ma alla fine risulteranno tutte molto piatte e “vuote” – “quasi perfette”, come dice K.E.V.I.N. alla stessa Jennifer Walters.
Magari, in alcuni punti, queste storie potranno presentarsi persino raffinate e piene di trick da darsi di gomito con chi può capire… ma che ce ne facciamo?
~ Oppure ~
Col finale di She-Hulk la Marvel ingloba anche le principali obiezioni ai suoi show e le lagne sul politicamente corretto, e con l’ennesimo metatwist (forse più riuscito di altri) “spacca” non solo la quarta parete, ma anche la piattaforma Disney+. Di più: qui si rompe proprio l’MCU, planando direttamente su Terra-1218, l’universo in cui viviamo noi spettatori e lettori delle storie Marvel.
In quei pochi minuti finali si conferma e si dà anche una spiegazione dello strano rapporto tra scrittura intelligente e uniformazione del gusto verso il basso, o comunque verso una “medietà” che alla lunga banalizza, annoia, mostra la corda, tipico ormai di queste storie – e quella spiegazione sta proprio nel fatto che Feige e compagnia scriverebbero (il condizionale è d’obbligo, l’autocritica è venata anche di autoironia) come macchine e algoritmi.
E quindi è la protagonista a chiedere di divagare rispetto ai cliché che impongono finali “supereroistici”, con mazzate in CGI (vedi Wandavision), rimandi al prossimo film, easter egg da Marvel Zombies e chiusura zoppicante di cerchi e linee narrative. Jen vorrebbe per la sua storia uno sviluppo profondo e maturo, slegato dalle aspettative dei fan più accaniti.
La conclusione è una via di mezzo: il finale è definito “folle” da molti (e anche “pirandelliano”, cioè animato da espedienti narrativi che, va detto, hanno ormai un secolo di storia alle spalle) e in effetti lo è; ma di fatto è anche un modo per non raccontare niente, rimandare comunque al prossimo film, divertirsi con ammiccamenti al pubblico e high five da writers room.
~ Per concludere ~
Alla fine She-Hulk è stato divertente, mi sono sentito colto e in ordine con la mia coscienza di spettatore intelligente. Sarebbe bello se ora si ripartisse da zero, mostrando di credere fino in fondo in questi esperimenti o mettendoli definitivamente da parte.
In altre parole, o si crede fino in fondo all’idea che sia possibile identificarsi con dei supertizi improbabili in costumi altrettanto improbabili perché questo pantheon è un po’ la nostra mitologia (e vanno bene i cambi di tono e la mescolanza di registri), oppure no e si passa seriamente a decostruire quella mitologia, magari puntando – però sinceramente – su una scrittura davvero autoriale. La via di mezzo non funziona.
~ Prima scena post credit ~
Sulla scrittura “autoriale” mi sono fatto l’idea che registi e sceneggiatori di queste serie finiscano col vendicarsi per la condizione di croce & delizia che deriva dall’essere al soldo della macchina Marvel-Disney sabotando le storie su cui vengono chiamati a lavorare.
Lo capisco: specie per chi viene dal cinema indipendente, queste sono occasioni irripetibili dal punto di vista professionale, ma si prendono tutti gli spazi possibili e restano comunque esperienze molto irregimentate; così questi scrittori finiscono col metterci cose che non c’entrano col materiale di partenza, rischiando di rompere tutto.
Non è una questione di ortodossia o di aderenza a un canone (che andrebbe sempre tradito); piuttosto, è un po’ come per gli sceneggiatori marxisti in Ave, Cesare! dei fratelli Coen: mentre sono chiamati a scrivere kolossal e blockbuster, quegli autori cospirano contro l’industria. Nel caso degli autori Marvel non credo ci sia nessuna cospirazione interna, quanto la possibilità di affermare il proprio gusto e il proprio stile (e il proprio nome, perché no) dall’interno del carrozzone.

~ Ma che ne so io che vivo dall’altra parte del mondo? (seconda scena post credit) ~
Fa sempre un po’ ridere mettersi a dare opinioni su serie e film con grandi budget, o addirittura – come ho appena fatto – congetturare sulle intenzioni degli autori. Stai dall’altra parte del mondo a scrivere sui social o sul tuo blog come se la tua opinione importasse davvero o potesse in qualche modo influire sull’andamento di queste storie. Come se ne sapessi davvero qualcosa.
Io poi credo davvero negli autori – registi e sceneggiatori – quindi parto sempre dal rispetto del loro lavoro, divertendomi più che altro a commentarlo e a glossarlo, senza mai pensare che siano dei deficienti incapaci di raccontare bene delle storie – se sono stati chiamati a lavorare sul MCU o su questa o quell’altra serie Netflix HBO Prime eccetera, dovranno pur essere in gamba: a questo credo molto.
Ma è quando percepisco che questa visione autoriale scricchiola, o è insincera, estetizzante, incapace di amalgamarsi con una produzione in serie destinata a un pubblico generalista, ecco, è allora che mi viene di muovere critiche come queste che poi Kevin Feige e compagnia finiscono con l’assorbire nel finale di She-Hulk e così via, il cane si morde la coda e siamo di nuovo all’inizio di questo articolo.