“Certo che la storia si fa con i sé!”
Una volta, prima di una proiezione, mi sono avvicinato a Nanni Moretti, gli ho stretto la mano, l’ho ringraziato e sono andato via.
Il sol dell’avvenire sta nello stesso filone dei film morettiani per cui ho ringraziato Moretti, quelli più autobiografici e autoriali. Sono film che mi hanno formato al di là dei tormentoni, delle scene iconiche e tutto il resto.
Perché? Per il tono, per la realtà che deflagra continuamente nel cinema e torna alla realtà… Perché pochi autori in Italia sono stati capaci di fare autobiografia in quel modo lì che non è solo guardarsi l’ombelico ma provare a dire qualcosa di più (sugli altri, sulla politica, sull’Italia… sembrano passati mille anni, fa pure strano solo pensarle, certe cose).
Il sol dell’avvenire è un film che ha anche molti momenti critici, brutti, imbarazzanti, che può esser visto solo dal pubblico di Nanni Moretti (ma tutti i prodotti culturali e d’intrattenimento, oggi, sono fatti per nicchie e nicchiette, non è così?). È un best of ma di un autore che resta tale anche quando fa un best of, perché ritiene di avere qualcosa da dire.
A me piacciono molto le opere autoriali, ma direi piuttosto personali, nel senso che può scriverle o realizzarle solo quella persona lì e non un’altra. Per questo il fatto che Il sol dell’avvenire sia anche brutto non ha importanza. Se è brutto Tre piani mi incazzo (infatti non l’ho visto), se è brutto Il sol dell’avvenire lo guardo con interesse.
Perché? Perché in un mercato di produzioni culturali talmente omologato e omologante… Va bene, è chiaro. È significativo anche un altro fatto, però: Moretti in questo film fa del fan service sfacciato e dissemina easter egg per tutto il racconto, quindi utilizza i tratti tipici di quel tipo di produzione cinematografica che è anche oggetto di critica da parte sua.
“TI RICORDI?! TI RICORDI?! TI RICORDI?!”
Mi ricordo, sì, mi ricordo. Dino Risi chiedeva a Moretti di spostarsi, di fargli vedere il film, e noi – generazione di “tennisti con le spallucce vittimiste”? – invece gli abbiamo chiesto di tornare davanti alla macchina da presa per il motivo opposto, cioè per impedirci di vedere il film. Forse perché volevamo vedere il cinema, quello vero, o anche solo il Nanni Moretti già antologico e autoriassuntivo nel suo uso di Instagram.
Questa tra cinema e film è una distinzione molto cara al giovane Moretti, che di sé diceva appunto che faceva cinema, quindi linguaggio, mentre i suoi coetanei si limitavano a fare film, quindi intrattenimento, e iniziava a vomitare verde quando si parlava di Lina Wertmüller.
È solo un film quello che sta girando il giovane regista “violento” all’interno del Sol dell’avvenire, mentre è cinema la sequenza che ne trae Moretti mostrando poi l’esecuzione alla fine dell’interminabile spiegone tipicamente morettiano. È cinema strano, claudicante, ma è cinema, per quanto a me questa distinzione che non è che convinca tanto (e infatti nella stessa sala, qualche giorno prima, sono andato a vedere Guardiani della Galassia, il quale volendo è cinema – perché girato da James Gunn, che è un autore – all’interno del filone infinito di film Marvel).
Ho sentito dire che adesso Bob Dylan, quando canta, non si capisce niente. Nanni Moretti invece recita come un uomo così rallentato e allucinato dalla vecchiaia da sembrare un bambino. Penso che Moretti in realtà giochi, come un bambino, e che sia molto più lucido, o meno ottuso, di quello che vuol far credere attraverso questo film.
E lo è, meno ottuso: perché alla fine scioglie alcuni nodi e respinge il cappio. No, non valeva la pena tutto quel malesangue per le cause più grandi, per il cinema o la politica. Non ne valeva la pena, quell’intransigenza che porta infelicità nelle vite altrui. Viva l’amore, viva le canzonette! Abbasso il pubblico, viva il privato! Ed eccoci a noi, a quello che siamo oggi.
Io una volta ho ringraziato Nanni Moretti, ma non posso dire di essere un suo fan, gli farei un torto. Per questo non mi sono fermato a parlarci, quella volta, prima della proiezione di Santiago, Italia, perché sarebbe andata a finire così, che ero un suo fan tra i tanti e lui l’oggetto da adulare. Per me Nanni Moretti resta soggetto, autore, un interlocutore che mi interroga tuttora con questo cinema tutto suo. Anche quando fa un film brutto, ma significativo.