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A parlare di Quel che stavamo cercando di Alessandro Baricco si rischia di andare inutilmente lunghi, più lunghi del libro stesso.
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Il libro, sviluppato con l’agenzia dieci04, è infatti un lungo articolo spezzettato in trentatré frammenti. Davvero, si esplora in meno di un’ora.
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Lo chiamo libro anche se è un oggetto pensato e progettato per smartphone, che usa insieme la parola scritta e quella orale. Ogni singolo frammento può anche essere ascoltato dalla voce di Baricco, e condiviso sui social (su Facebook e Twitter come post, su Instagram e WhatsApp come messaggio privato).
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Ogni frammento può portare a quello successivo come a quello di un’altra sezione; per questo ho scritto che il libro si esplora: si può percorrere dall’inizio alla fine oppure seguendo un percorso del tutto personale.
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Nonostante sia fruibile solo da smartphone, ho definito Quel che stavamo cercando libro perché, in un parallelo che so bene non privo di asimmetrie, noi oggi chiamiamo cinema una cosa molto diversa da ciò che era il cinema dei film di Griffith, Chaplin o Murnau, e musica una cosa che può essere tanto una sonata di Beethoven dal vivo quanto un brano utilizzabile per un video di pochi secondi su Tik Tok.
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Le serie tv disponibili in un unico blocco sono ancora serie tv?
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Consiglio di leggere Quel che stavamo cercando, ovviamente, anche per ciò che dice. E mai come in questo caso – visto che la parola scritta è anche parola detta – ciò che viene detto è anche ciò che viene letto.
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Dire la parola invece che limitarsi a scriverla è un modo per stare più vicini a chi riceve la parola, forse anche per prendersi qualche responsabilità in più: l’ascolto riscalda, la lettura raffredda.
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Media caldi e media freddi, diceva Marshall McLuhan. Una volta, questo vecchio professore analogico che percepiva già la realtà in digitale scrisse che i nuovi media avrebbero incorporato quelli vecchi. La tv è dentro internet con Youtube e Twitch, la radio vive – non: sopravvive – nei podcast.
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Dire un libro anziché limitarsi a scriverlo – mettiamoci anche gli audiolibri – è un modo per riavvicinarsi all’oralità. Cosa che accade ogni giorno sui social e nelle app di messaggistica instantanea. Esplorare Quel che stavamo cercando è un po’ come ascoltare dei vocali che Baricco ha registrato per noi (sta registrando…).
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Ma l’oralità è anche in ciò che scriviamo ogni giorno, in un’epoca in cui per paradosso siamo esposti alla scrittura e alla lettura molto più che in passato. Molti dei post e dei commenti che lasciamo su Facebook sono più vicini a come li diremmo, che a come andrebbero scritti.
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Questo sono i post e i commenti sgrammaticati che leggiamo su Facebook: cose che probabilmente volevano essere dette, invece che scritte, in cui si fraintende il tono e si frantumano le norme normalmente igienizzanti della scrittura pubblica.
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Tempo fa, Mark Zuckerberg aveva pensato di dare la possibilità di creare post vocali su Facebook. Poi ha rinunciato, ma forse era un’idea piuttosto coerente con il modo in cui oggi abitiamo gli ambienti digitali.
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Ma dicevo del dentro: Quel che stavamo cercando è un instant book sulla pandemia. Anzi, sulla Pandemia. La Pandemia come mito più che come fatto scientifico o sanitario, la Pandemia come processo mitopoietico, più che come evento.
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Detto nel modo più barbaro e brutale possibile: se siete stufi di sentirne parlare da virologi, epidemiologi e matematici, questo è il libro che fa per voi. Se siete stufi di complessi grafici presentati come “chiarissimi”, di dati parziali e statistiche utilizzate per dire tutto e il contrario di tutto, è il libro che dovete leggere. Perché la Pandemia è prima di tutto un fatto umano che succede tra umani ancora incapaci di decodificarla in una conversazione tra umani.
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In questo Baricco fa un’operazione simile a quella già compiuta con The Game, e cioè prova a fare un discorso intellegibile dai suoi simili piuttosto che un discorso tra macchine o, al massimo, tra specialisti che assomigliano a macchine.
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Quand’è che abbiamo messo da parte il mito? Quand’è che abbiamo rinunciato a leggere con le lenti del mito ciò che accade, ciò che inevitabilmente siamo noi a costruire?
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Il mito come costruzione collettiva, che non solo racconta un evento ma lo anticipa, ne prepara il terreno a livello psichico e cognitivo. Il virus come evento pandemico nasce insieme al web, sostiene Baricco. La viralità è la proprietà costitutiva tanto della rete quanto di un’entità biologica che diffonde e porta una malattia terribile in giro per il mondo.
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Come nel caso appena citato, Quel che stavamo cercando riesce a dire cose che sarebbero indicibili in televisione o in un classico instant book scritto da un autore mainstream.
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Altro esempio: forse il parallelo tra guerra e Pandemia non era del tutto sbagliato. Non lo era a un livello puramente mitopoietico, e non lo era perché in molte parti d’Occidente mancano altri termini di paragone, per le generazioni attuali, rispetto a un evento di una simile portata.
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Il capitalismo distruttivo o la stessa rivoluzione digitale sono stati eventi non meno impattanti rispetto alla Pandemia: ma sono stati graduali, morbidi nel cambiarci la vita. Quello che hanno aggiunto e quello che hanno tolto, ce lo hanno dato e tolto piano, negli anni. La Pandemia torna a togliere e forse anche a dare di colpo, in un pugno di mesi, come solo le guerre sanno fare.
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La Prima Guerra Mondiale cancellò dalla faccia della terra un’intera generazione di giovani: così il mito della Grande Guerra racconta il conflitto del 1915-18 a posteriori. La Pandemia sta eliminando dalla faccia della terra una generazione di vecchi, quella che secondo il mito della Pandemia prima della Pandemia bloccava ogni idea di progresso o cambiamento rispetto alle sorti del mondo.
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Per quanto dica cose indicibili, Quel che stavamo cercando è tutt’altro che pessimista. Meglio: tutt’altro che nichilista. Le cose indicibili stanno anche nel solco di quello che possiamo fare se proviamo a guardare oltre i prossimi mesi assai complicati. Non sono cose pratiche, allo stato attuale. Sono ipotesi d’immaginazione, e su questo Baricco ci mette in guardia: la capacità d’immaginare qualcosa di completamente diverso – così come la capacità di produrre mito – è ciò che stiamo perdendo, che abbiamo completamente appaltato alla tecnica.
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Attenzione, però: quello di Baricco non è un discorso antiscientifico. Per nulla. Semplicemente, Baricco dice che la scienza e la tecnica da sole non bastano. Non ci sono mai bastate. Lo aveva detto anche in tv, non ricordo dove, a inizio lockdown. “Solo un passo affiderebbe completamente la gestione di questa emergenza agli scienziati” aveva detto, con quella z dolce che lo condanna a sembrare sempre un po’ paraculo e inopportuno – quando invece è solo curioso.
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E però non mi pare che Baricco in tv ci sia tornato così spesso per pontificare sulla pandemia come tanti altri che “Non sono un virologo ma”. Dubito che possa tornarci per questo libro.
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È difficile immaginare Fabio Fazio che mostra Quel che stavamo cercando su uno smartphone mentre annuncia Baricco seduto scomodo sulla poltrona di Che tempo che fa.
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Non so perché, ma immagino molto scomode le poltrone di Che tempo che fa.
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Certo, poi tutto può essere, e magari Baricco a Che tempo che fa ci va comunque.
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Ma così come la Pandemia come mito ci racconta che una pandemia non è un evento ma un processo, per giunta collettivo, allo stesso modo questo libro non è un evento ma un discorso. E in termini di promozione, è un libro che certamente può essere presentato ma senza il feticcio dell’oggetto fisico, da firmare in presenza.
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Banalmente: Quel che stavamo cercando è un libro che può essere diffuso e condiviso, ma non può essere instagrammato.
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La fruizione di Quel che stavamo cercando crea un’ambiente intimo – motivo per cui, immagino, l’url che lo ospita è “libroprivato punto it”. L’unica cosa che puoi farci davvero è leggerlo o ascoltarlo dal suo autore.
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L’unica cosa che puoi farci è provare a misurarti con le sue parole da instant book che provano però a restare oltre la durata di un instant book – laddove la durata è il tempo di lettura come la vita media di un libro, instant book o meno.
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Quanto è lunga la vita media di un libro, oggi? Dopo quanto tempo smettiamo di parlarne? Forse tutti i milioni di libri che vengono prodotti oggi sono involontari instant book sullo stato dell’editoria attuale?
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Forse Quel che stavamo cercando non resterà come libro, forse resterà solo come discorso o come innesco di un discorso. Forse resterà come possibilità – proprio come la Pandemia del libro – di uno sguardo diverso sul futuro. Un futuro in cui tra le altre cose uno scrittore sa anche pensare, progettare e sviluppare un libro come un oggetto che non sappiamo ancora cos’è, ma che sa parlarci più e meglio di altri. Forse.
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