Lavoriamo tutti per Borgo Egnazia

Ho voluto chiudere il G7 con una serata pugliese: c’erano i panzerotti, le orecchiette, gli artigiani, la taranta, le luminarie, c’era il legno dei tavoli fatto con gli ulivi che abbiamo dovuto tagliare per la Xylella.

Così Giorgia Meloni – mentre in piazza a Fasano si protestava – nella conferenza stampa di chiusura del G7 a Borgo Egnazia.

O “di” Borgo Egnazia?

La questione non è da poco: molti non pugliesi in questi giorni hanno creduto alla storiella per cui Borgo Egnazia sarebbe un vero borgo, un piccolo villaggio, insomma una vera e propria località pugliese – e non un resort di lusso.

Equivoco forse alimentato anche da alcune comunicazioni del governo in cui si faceva riferimento a Borgo Egnazia con quel BR di Brindisi tra parentesi, come fosse appunto una città in provincia di.

Ma sapete cosa? Lasciamoglielo credere. Lasciamo che il resto d’Italia (e del mondo) creda alla favola di questo borgo che in effetti non è “falso”, ma finto, finto come un quadro, un film o un romanzo che ci convince, attraverso la finzione, di raccontare delle cose vere.

A tutti gli effetti Borgo Egnazia non è un un falso storico ma una sorta di riassunto, di sintesi della Puglia e di un Meridione assimilabile a un’idea di Puglia, dove tutto, immaginato e costruito da zero – dalla musica ai balli tradizionali, dall’architettura fino al cibo – è un’ideale di pugliesità e meridionalità, una messinscena, una rappresentazione della Puglia alla massima potenza, ripulita degli abusi edilizi, dai rifiuti sul bordo delle statali, delle piante infestanti e delle malattie che infestano le piante, dove l’urlo storto e rauco del contadino morto di sole e di fatica viene soppiantato dalla voce morbida e melodiosa del cantore professionista…

A Borgo Egnazia ci sono feste stagionali ispirate alle nostre feste patronali, attraverso un’associazione si recuperano vecchi mestieri, sapori tipici e saperi artigianali che rischiano di perdersi. Il tutto selezionato e distillato con estrema perizia per conservare la tradizione – questo va detto – non a beneficio di molti, ma con l’idea della navicella da spedire in giro per lo spazio alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile per i pochi che avranno la fortuna ma anche la responsabilità di portare avanti il destino della nostra specie.

Insomma Borgo Egnazia non è assolutamente un non-luogo anonimo e serializzato com’è stato definito, semmai è un iper-luogo traboccante di identità, un enorme “What if?” della Puglia senza i pugliesi (un’eventualità che sembra stia proprio per avverarsi, stando ai dati sull’emigrazione), una Puglia migliore di come l’avrebbero fatta i pugliesi.

Chi resta in Puglia (ma resta fuori da Borgo Egnazia) è un figurante pagato da Pugliapromozione per far credere al resto del mondo che la Puglia sia proprio questa.

Anche io che scrivo queste righe, e che a Borgo Egnazia ci sono stato di sfuggita, una volta… Sì, potrei essere pagato anche io da qualche agenzia regionale per far credere che in Puglia c’è persino chi è critico rispetto al modello Borgo Egnazia, e dare così maggiore profondità alla storiella… Che poi, modello: Borgo Egnazia è un caso abbastanza unico, e in effetti non è assimilabile all’idea di “luna park per turisti” come pure è stato scritto qui e lì.

Non c’è un altro Borgo Egnazia in giro per il mondo, perché appunto, vuoi o non vuoi, il resort è troppo legato all’identità del luogo in cui nasce (e infatti il claim è: “Borgo Egnazia – Nowhere else”).

Però a pensarci bene si potrebbe fare: un Borgo Egnazia in Cina. In India. In Florida. In Marocco. Scopri la Puglia autentica in giro per il mondo, senza quella seccatura dei pugliesi. Perché no? Non è forse questo il destino del pianeta globalizzato, dove tutto si mischia con tutto e, tramite processi di sintesi e sincretismo, si migliora, lasciando fuori tutte quelle masse di poveri e straccioni che continuano a ostinarsi a venire al mondo?

Ok, me ne rendo conto: questa chiusura è un po’ retorica, e d’altra parte il mercato del turismo di lusso ha imparato a caratterizzarsi localmente nella serialità globale. Perciò anche la mia retorica fa parte del gioco. Come ho detto, mi pagano per scrivere queste cose, mi pagano per esprimere un punto di vista un po’ vago ma comunque dissonante, affinché questa storia della Puglia non sia “autentica” come piace pensare a molti, ma credibile – e creduta, una volta per tutte. Lavoriamo tutti per Borgo Egnazia.